Venerdì 20 ottobre | 11.30
Piazza Borsa
Steph Curry è figlio d’arte ma non è un predestinato al successo. Non dispone delle qualità atletiche necessarie per giocare nella lega, tantomeno per diventarne il Most Valuable Player. Osservatori ed esperti non credono in lui e Steph Curry stesso sa bene di non possedere le eccezionali doti fisiche di tanti campioni. Eppure non si demoralizza per nulla, anzi inventa uno stile di gioco unico, mai visto prima. Prende i dettami tattici in voga per oltre sessant’anni e li rende improvvisamente inattuali e inutili. Diventa il miglior tiratore di sempre e soprattutto diventa il protagonista di un’autentica rivoluzione che cambia in maniera radicale il modo in cui viene praticata la pallacanestro. Ci sono un prima e un dopo Steph Curry, nel basket. I suoi Golden State Warriors si impongono sul resto della Nba con la forza comunicato stampa dei numeri e delle vittorie. In parallelo ai trionfi sul parquet si realizza anche il primato della Silicon Valley, che trasforma l’economia americana e accompagna la squadra nel trasferimento da Oakland a San Francisco, un fenomeno di cui gli Warriors e Curry diventano la personificazione sul campo da basket. E, giocoforza, la notorietà di Curry varca i confini dello sport rendendolo un personaggio pubblico che partecipa attivamente al dibattito politico e sociale in corso negli Stati Uniti. Ma quella di Steph è anche una storia di pura gioia: il suo approccio al gioco si traduce in una continua ricerca di emozioni per sé, per chi è in campo al suo fianco e per chi osserva da fuori. Curry vince tutto ciò che c’è da vincere e lo fa godendosi ogni momento trascorso sul parquet. La sua pallacanestro è coraggio e adrenalina e nasce dalla voglia di tentare ciò che altri non hanno mai osato. Senza paura di sbagliare e nella testarda convinzione che ogni tiro, anche quello più improbabile, potrà andare a segno. Perché è solo così che si gioca e si vince, perché è solo così che ci si diverte.